Certo è che sia la città di Catanzaro che quella di Palermo (anch’essa grande produttrice di seta) sono state influenzate dal vento della cultura orientale, in quanto la prima sotto il dominio bizantino e l’altra sotto quello arabo. Analizzando alcune fonti storiche, si ipotizza che il significato stesso del nome primitivo del capoluogo calabro, Katantárion, possa essere ricondotto al verbo greco Katartizen, il cui significato è preparare, confezionare ed anche lavorare (i filatori di seta erano denominati Katartarioi). L’arte della seta raggiunse la fase di massimo splendore tra il 1500 e 1600. La fama dei maestri setaioli di Catanzaro ebbe una vasta eco che si propagò fino in Francia, dove, quest’ultimi, furono chiamati a Lione per insegnare la tecnica della tessitura.
Da alcune fonti, consultabili presso l’Archivio di Stato di Catanzaro, le famiglie contadine di San Floro, piccolo borgo alle porte del capoluogo calabrese, alla fine del 1800, allevavano milioni di bachi da seta, di razza indigena, producendo circa 1.400 Kg di bozzoli.